venerdì 9 dicembre 2022

 Gioacchino Belli 2

Appassionata come sono di Gioacchino Belli, riflettendo sulla sua produzione dei sonetti, mi sono resa conto di quanto la sua scrittura rappresenti una di quelle forme di rivalsa dovute alle palesi ingiustizie in mezzo alle quali anche ciascuno di noi, oggi, può vivere e subire, ma non può, per ovvie ragioni, esprimerle, parlarne. Spesso, come ho detto più volte, in vari ambienti vi sono collusioni legate all'ambizione o al denaro, piccole alleanze periodiche o di lunga durata a seconda dell'opportunità, trasformismi dovuti ad una voglia folle di fare un gradino in più, nel pollaio o tra i capponi di Renzo, questa volta ben chiusi in una stia. Un gradino davvero da nulla, per il quale non varrebbe la pena scomodarsi. Molta gente ama comandare. Molti incendiari diventano ligi pompieri. Penso che ciò accada in ogni ambiente; un sorriso o un bel saluto cordiale, un atteggiamento di confidenza segna immediatamente una differenza che manda in estasi il destinatario, il quale a sua volta percepisce il minuscolo passetto in avanti, il micro- gradino, insomma.
Il nostro Belli aveva a che fare con la Chiesa, con il Papa, i Vescovi, soprattutto con loro, penso, dato il suo impiego all'interno della curia. Sarebbe stato pericolosissimo se qualcuno avesse trovato anche solo qualche suo verso: se non lo avessero accusato di blasfemia, etc., indubbiamente lo avrebbero condannato per oltraggio al pudore e simili. Ma il buon Gioacchino, con quel nome da santo, si divertiva a scrivere nella solitudine beata del suo studio (gli era morta anche la moglie, più anziana di lui e assai più ricca...), alla sera, dopo cena, magari su carta recuperata negli uffici della curia, e con tanto di insegna papale. Lo immagino a ridere sulle sue stesse battute, sulle scene, sui ritratti, che creava a ritmo indiavolato. E che compiacimento nel parlare del cardinale in carrozza che continua a fare "sì, sì" col capo, anche quando lo insultano, o nel far commentare un "quadro bbuffo" a un giovane del popolo che interpreta la drammatica scena a modo suo...
Egli lavorava per quella gente che disprezzava e di cui conosceva ogni magagna (termine usati anche da Dante) e i vizi peggiori ma, simile a Guicciardini, non lasciava trasparire la minima traccia delle sue idee, dei suoi giudizi.
Ritengo che, quando parla di "monumento alla plebe", intenda alludere al fatto che la "plebe" romana del suo tempo, con la sua parlata, la sua visione della vita e del mondo, le sue idee riguardo Dio e la religione, sarebbe passata senza lasciare traccia di sé, ma, gli innumerevoli personaggi del suo sterminato quadro non sarebbero mai finiti tra le "sante ossa" dei poveri, perché lui, Gioacchino, li avrebbe resi immortali.

giovedì 8 dicembre 2022

 

Mulini 1.



Il mulino è anche il titolo di un racconto lungo, o romanzo breve, di E.Zola. Si tratta di un mulino assai diverso da questo: un mulino di campagna appartenente a una famiglia suo malgrado coinvolta nella sporca guerra franco-prussiana, dove la Francia fu sconfitta con incalcolabili rovine e morti, per l'ambizione del folle e malato Napoleone III. I contadini che abitavano nel mulino si trovarono nel mezzo di una sorta di assedio, poiché i soldati francesi si erano asserragliati nell'edificio per sparare ai nemici. Il seguito è immaginabile, e vicende simili sono più volte narrate nei romanzi di Zola: che si tratti di case, locande, osterie...sono sempre le persone comuni che ci vanno di mezzo. Non dimentichiamo, per simili esempi, La disfatta, sempre del nostro Zola. Anche in questo caso, un uomo onesto vede distrutta la sua futura casa, in una sorta di battaglia, tra francesi e tedeschi (bavaresi dall'indole crudele e selvatica), che vede proprio in quel luogo i momenti più concitati e drammatici. L'edificio diventa una piccola fortezza, protetta dall'interno con arredi di ogni genere, che non varranno, ovviamente, a salvare i francesi asserragliati, che continuarono a resistere furiosamente, pur vedendo in lontananza accorrere soldati a centinaia: era il passaggio obbligato per arrivare a Sedan, e la resistenza di coloro che si trovavano in quella casa servì a ritardare l'avanzata, forse per qualche ora. Inevitabilmente mi vengono in mente le Termopili, Leonida e i suoi prodi Trecento. C'era una differenza sostanziale: il proprietario di quella casa si era recato sul posto per controllare la sua proprietà, senza alcuna intenzione che essa diventasse un fortino destinato al martirio, come chi lo difendeva. Guerra infame!

Il dipinto è di Vincent van Gogh, Il mulino

 

Belli 1

Come, dalla Carità Romana, mi nacque un'autentica passione per Gioacchino Belli

Tempo addietro, fui costretta a recensire uno di quei saggi inutili quanto illeggibili che pubblicano certe facoltà universitarie; uno di quei libri che finirà nella cartaccia, al macero, e diverrà utile quando sarà stata mutata in fazzoletti di carta ecologicamente riciclata. Eppure, quel saggio, per una o due delle sue pagine salvabili, mi è servito! Se non altro, per farmi delle risate; e non è poco.

Il saggio in questione, dunque, esaminava la Carità Romana nelle sue rappresentazioni, attraverso il tempo. Così, dal celebre racconto di Valerio Massimo, attraverso i secoli, ecco che appare, come un'oasi tra spietate sabbie ardenti, il godibilissimo sonetto di Gioacchino Belli: 

Un quadro bbuffo

Chi è sto bbrutto vecchio caccoloso,             

 che in logo de stà in pasce in zepportura, 

 succhia co la bboccaccia er caporello 

de cuella donna, come una cratura? 


Chì è sta vacca che nnun ha ppavura 

 de dà er latte a cquer po’ dde bbambinello, 

 che ppare er Merdoccheo de la Scrittura,                

 o, cquanno nun è llui, pare er fratello?                                                                                                     La Carità Romana di Artemisia Gentileschi, 1643     

  A mmé ppuro me piasce sto succhietto; 

 ma ppe cquanto me spremo in comprimenti, 

 ggnisuna bbalia vo attaccamme ar petto.

 

 Cuello averà ccent’anni, io nnun n’ho vventi 

 er zuo sta bbasso, e ’r mio sarta sur tetto: 

 duncue? sarà er motivo de li denti.




Ovviamente, la parola-chiave sulla quale si sofferma il mio interesse  è "Merdoccheo", per l'ironia un po' cattiva con cui Belli, attraverso il cambiamento di una vocale, stravolge e ribalta la pronuncia di questo nome altisonante e tratto da un contesto serio, o per meglio dire sacro (A.T., Libro di Ester), in una variante destinata a far ridere a crepapelle il popolo, il quale avrà identificato quel personaggio dal nome curioso (noto e forse familiare alle orecchie del popolo che partecipava alla messa), e l'avrà associato al concetto che esso richiamava.



                                                                                    La Carità Romana di Pierpaolo Rubens, 1620


mercoledì 7 dicembre 2022

 Nell'Ottocento e non solo, piacevano  tanto i libri di minuscole dimensioni. O, almeno, di piccole dimensioni, con una scrittura che affatica un poco una vista, diciamo così, "normale". Ho davanti a me un piccolissimo libro datato 1899, stampato a Roma da Enrico Voghera Editore. Appartiene a una collana intitolata "Piccola collezione Margherita". Misura cm 12 per cm 5. Autore del minilibro è Enrico Panzacchi, poeta e musicologo, nonchè insegnante. All'interno, due scritti dal titolo L'Aretino innamorato e L'amore di A.De Musset. L'amore per George Sand. 


Assai più intrigante del contenuto, è la copertina, il formato. Un piccolo formato, il quale fa pensare che il libretto fosse adatto a starsene ben nascosto, nell'angolo di qualche cassetto, sotto altri libri; il formato ideale per il dono di un innamorato alla sua innamorata (la quale doveva, in ogni caso, avere una qualche nozione riguardante i due autori trattati). 

Un romantico disegno, in copertina, riportato anche all'interno del volumetto, riporta un volto di donna, forse George Sand? Non credo, visto che la sua espressione appare, nei ritratti risalenti a diversi periodi della sua vita, molto più volitiva, con dei tratti molto più decisi e marcati. Invece, questa donna ha un'aria sognante che poco si addice al carattere e al vissuto della Sand. 

La colorata e romantica cornice a margherite del piccolo volume, che richiama il nome della "collezione", indica implicitamente la destinazione della lettura: giovani donne con una discreta cultura (per conoscere l'Aretino) e abbastanza emancipate (per la Sand).  Il formato del libretto era abbastanza discreto per poterlo tenere nascosto e leggerlo in segreto, come abbiamo sempre fatto noi tutte, al di là dei tempi, al di là dell'educazione impartita dai genitori e al di là di ciò che la società riteneva conveniente o meno per una brava ragazza. 


venerdì 2 dicembre 2022

Tanti anni fa, ossia nel 1993, ero a casa di una cara amica. Ero su uno di quei divani antichi assai rigidi, di colore magenta, con i braccioli e i piedi curvi e dorati. Davanti a me, su un basso tavolino, vidi questo calendario; guardando l'anno, esattamente un secolo prima, rimasi stupita per la bellezza dei colori, così vivi, che il calendario sembrava fosse stato dipinto poco tempo prima. Io uscivo da uno di quei periodi bui, da una vita ridotta ad un incubo. La paura mi perseguitava.  La mia amica, accortasi che il calendarietto mi piaceva molto, me lo donò. 

Fu una grande sorpresa quando scoprii, nell'ultima paginetta, scritta con un carattere elegante e minuto, l'augurio che mi giungeva da un passato lontano. Quell'augurio era per me, e ha avuto buon esito. Quel buon auspicio mi ha raggiunta dopo aver percorso un intero secolo, sulla piccola pagina di un calendario in miniatura; non credo nel caso, ma penso, piuttosto, che le cose spesso ci vengano a cercare, se hanno un buon motivo per farlo.



 

Una bella classetta (racconto)

  Una bella classetta tutta di femmine Dai tempi dell'asilo sino al termine della scuola media, Agata dovette frequentare una scuola di...