Tartaruga 1. Un racconto di Grazia Deledda è intitolato La tartaruga. Lo leggi e senti il cuore che si sgretola, che piange. Grazia Deledda descrive il comportamento di tanti animaletti, soprattutto gatti, che sicuramente amava molto; nei "suoi" gatti, riconosciamo gli atteggiamenti dei nostri gatti, e magari anche altri comportamenti a cui non avevamo fatto caso. E qui, è delicata e terribile ma anche piena di amore la vicenda che lega una donna (una delle centinaia di donne mirabilmente tratteggiate dalla Scrittrice) a una tartaruga di terra, l'unica creatura che sembra provare affetto o pietà.
Si rimise le scarpe e, con le in un fazzoletto, scivolò giù per le lunghe scale, passando a occhi chiusi davanti a quella porta: trovò il modo di uscire inosservata e camminò ancora, a lungo, attraversando come in sogno la città notturna, ardente dei colori dell'arcobaleno; finché arrivò agli orti fuori le mura, dove Dio parlava ancora, con la voce solitaria dell'acqua corrente.
Tartaruga 2. Quasi non occorre dire che D'Annunzio non provava alcun sentimento di simpatia o pietà verso la tartaruga che appare nel romanzo Il trionfo della morte. Giorgio Aurispa la osserva con indifferenza, se non con disgusto. Presa a calci dal padre del superuomo Aurispa, assimilata a un ambiente degradato e "nauseoso" olfattivamente, di quella povera creatura si evidenziano l'età e, più avanti, i tratti caratteristici, ingiustamente rappresentati come qualcosa di mostruoso. D'Annunzio non amava le tartarughe, e ciò traspare dal lessico, molto chiaramente.
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