venerdì 20 ottobre 2023

 I Gatti di Zola (parte prima)

La passione per i gatti del nostro Zola erompe in alcune parti di romanzi (e racconti) nei quali, senza alcun apparente motivo, irrompono, spesso con aria di mistero, queste creature.

Dal romanzo Nanà, di cui abbiamo parlato in precedenza. 

Immaginate una portineria: la portineria del palazzo in cui risiede Nanà: un edificio elegante, costruito di recente nella rinnovata Parigi di fine Ottocento. Nell'appartamento di Nanà le stanze sono stracolme di mobili e oggetti di pessimo gusto, ma adorabili per un'attricetta diciottenne la quale, nell'arco di una sola sera, ha raggiunto, grazie alla sua performance e soprattutto alle sue ragguardevoli nudità, la celebrità indiscussa presso il pubblico maschile parigino, frequentatore assiduo del teatro di varietà. Tanti, tantissimi ammiratori si sono recati presso il tempio di questa sorta di dea dell'amore, dopo che ha interpretato,  con  ridicola goffaggine, ma con acuta consapevolezza dei gusti del suo pubblico, il personaggio di Afrodite, che dialoga con il pubblico a colpi d'anca e altre movenze simili. Un vero scandalo per la Parigi benpensante, e tuttavia apprezzata da uomini di estrazione altoborghese, anche politici di spicco, o discendenti da antiche famiglie nobili, ma ormai decadute, che verrebbero presto schiacciate sotto il tallone tenero e delicato di Nanà. Persino gli uomini più ligi ai valori familiari crollano, vinti da una discinta Nanà (in mutande e a seno nudo quando, nel suo camerino pervaso da profumi di toelette femminile, di lavacri sospetti e di tabacco, irrompono due uomini dell'èlite parigina).  Non solo i frequentatori assidui dei salotti alla moda, non solo ingenui studentelli o "bebé", ma banchieri. nobili, politici affermati si prostrano devoti, di fronte a un lembo sfuggente della camicia di Nanà.

Nella portineria del palazzo, c'è un vecchio tavolo malandato, sporco, con quegli inconfondibili segni di bicchiere, dove stanno uno sull'altro i mazzi di fiori destinati all'attrice diciottenne. La portiera, annoiata, lavora ai ferri, in attesa che quei mazzi ingombranti siano portati a colei cui sono destinati. Scende la cameriera, ne fa un fascio, schiacciandoli senza pietà (conosce il destino di quei poveri fiori). In poche ore, molti sono  gli uomini che si sono radunati, accalcati in quel turpe buco, e attendono impazienti l'uscita di Nanà; nel frattempo...

"...restava solo una rosa che appassiva vicino a una gatta nera, acciambellata per terra, mentre i suoi gattini si scatenavano in folli corse, in galoppi sfrenati, tra le gambe di quei signori."

E poi, sul luogo di lavoro - così assurdamente lascivo, e tuttavia così serio!- di Nanà, 

... in mezzo a quel fuggi-fuggi di ragazze sparse per i quattro piani, lui [l'innamorato quanto illuso Conte Muffat] scorse distintamente soltanto un gatto, un grosso gatto rosso, il quale, in quella fornace intossicata degli odori del muschio, scendeva i gradini, strofinando la schiena contro le sbarre della ringhiera, con la coda dritta.

E così', dalla splendida cornice che circonda la bella Nanà (ma che finirà per spegnersi, per appassire, proprio come quei mazzi policromi di rose, come le speranze ambigue, inconsistenti, effimere degli ammiratori, che desideravano avere un giorno o poco più, da lei e dalla sua ineffabile e fresca giovinezza ... ) uno splendido gatto, o una splendida gatta, fa mostra di sé, senza manifestare disprezzo, o almeno quel senso di sfiducia/ambiguità  che sembra tenerli lontani dalla nostra (tristissima) umanità.

Amiche lettrici ed eventuali lettori, abbiamo visto solo un esempio/ modello della perizia e conoscenza di Zola, nei confronti dei nostri amati gatti. Ma, ovviamente, non è abbastanza, e vi dimostrerò come altri passi svelino la sua predilezione per questa specie.

Rechiamoci, ora, presso la sontuosa salumeria dei signori Lisa e Quenu, due coniugi che vivono nella grassa tranquillità e sicurezza borghese, grazie al loro incessante lavoro, che consiste nella trasformazione del maiale in svariate specialità gastronomiche: costolette, salami, salsicce, lardo, strutto, sanguinacci, solo per citare qualcuno dei prodotti che li hanno resi celebri e stimati nel quartiere delle Halles. Ne abbiamo parlato, quando abbiamo trattato il tema della vertigine, che ne Il ventre di Parigi  scaturisce dall'abbondanza, dall'accumulo forsennato di elenchi di cibi d'ogni genere. Ebbene, inizialmente, entrando nel negozio dal pavimento e dai marmi immacolati, forse sarete un po' infastiditi  dall'odore penetrante della carne suina e, in generale, da tutto l'ambiente che trasuda untume, nonostante l'impeccabile, quotidiana pulizia che Lisa riserva al suo ben negozio.  Lì, è approdato il triste Florent, fuggito dalla Cayenna, dove era stato deportato in seguito ai fatti del 1852; è il fratellastro di Quenu, lo ha praticamente allevato dopo la morte della loro madre. Ma l'uomo,  con la sua magrezza ascetica, e l'eterno abito stracciato e sbiadito, contrasta spietatamente con quell'ambiente, con la rispettabilità di quella coppia benestante e gelosa della propria pace. 

Nella loro casa vi è un grosso gatto giallo, di nome Mouton, che partecipa ai lavori di preparazione dei salumi:

La piccina [Pauline, figlia di Lisa e Quenu] andò a prendere il grosso gatto giallo, lo depose sulle ginocchia del cugino, dicendo che anche Mouton voleva sentire la storia. Mouton invece saltò sul tavolo. Rimase là, accovacciato, con la schiena arcuata, a contemplare quell'uomo alto e magro, che da quindici giorni sembrava essere per lui un soggetto di profonde e serie riflessioni (...) Mouton, che era rimasto accovacciato, con gli occhi sempre fissi su Florent, quasi fosse stupito dal suo racconto, si ritrasse un po', con molta malagrazia. Si raggomitolò, facendo le fusa, col muso sulla carne tritata.

Mouton, che aveva avuto tutto il tempo sotto il naso quel piatto di carne macinata, era probabilmente infastidito e nauseato da tutta quella carne. S'era alzato, raschiando il tavolo con la zampa con la foga dei gatti che vogliono sotterrare i loro bisogni. Poi, voltata la schiena al piatto, si distese sul fianco, stiracchiandosi tutto, con gli occhi socchiusi, la testa rovesciata in un atteggiamento beato. Allora tutti quanti fecero i complimenti a Mouton; dissero che non rubava mai niente, che gli si poteva lasciare la carne davanti. Pauline raccontò molto confusamente che dopo cena le leccava sempre le dita e le puliva la faccia, senza morderla.

Mouton dormiva profondamente, con la pancia per aria una zampa sul naso e la coda sui fianchi che gli faceva da piumino; e dormiva con un tale piacere felino...

 

Ma ecco il trionfo della felinità, espressione pura della passione e conoscenza di Zola verso i gatti: uno tra i Racconti a Ninon, intitolato Il paradiso dei gatti è l'avvincente storia di un gatto, che racconta la propria avventura. L'incipit, che è anche la cornice del racconto, è questo:

Mia zia, morendo, mi lasciò un gatto d'Angora, ch'è la più stupida bestia che io conosca. Ecco ciò che il mio gatto mi raccontò, una sera d'inverno, davanti le ceneri calde: 

E, da questo momento, Zola dà la parola al gatto:

Avevo allora due anni, ed ero il gatto più grasso e più ingenuo che si potesse vedere. In quella tenera età, mostravo ancora tutta la presunzione d'un animale che sdegna le dolcezze del focolare. E tuttavia quanti ringraziamenti dovevo alla Provvidenza per avermi collocato presso vostra zia! La buona donna mi adorava. Avevo in fondo d'un armadio una vera camera da letto, cuscini di piuma e tripla coperta. Il nutrimento valeva il letto; mai pane, mai zuppa; null'altro che carne, buona carne freschissima. Ebbene! in mezzo a queste dolcezze, non avevo che un desiderio, un sogno: scivolare dalla finestra semiaperta e scappare sui tetti. Le carezze mi sembravano inani, la mollezza del mio letto mi cagionava nausee; ero grasso da stomacare me stesso. E, lungo tutta la giornata, m'annoiavo d'essere felice.

(segue)



Nessun commento:

Posta un commento

Una bella classetta (racconto)

  Una bella classetta tutta di femmine Dai tempi dell'asilo sino al termine della scuola media, Agata dovette frequentare una scuola di...