martedì 4 luglio 2023

G.Pascoli, Romagna (Myricae)

 Sempre un villaggio, sempre una campagna

mi ride al cuore (o piange), Severino:

il paese ove, andando, ci accompagna

l'azzurra vision di San Marino

sempre mi torna al cuore il mio paese (...)

E qui mi fermo, anche se la memoria de il Passator cortese,/  re della strada, re della foresta, mi attrae non poco per le parole stesse con le quali Pascoli ci racconta questo personaggio: bandito o trovatore? Forse l'uno e l'altro; lui,  re della strada, re della foresta , insieme a Pascoli, si smarrisce nel bosco incantato, nella magica dimora di un libro di fiabe, tra i versi di questa poesia.

Ma l'azzurra vision di San Marino è pura poesia, e il suo segreto sta in quell'aggettivo turchino e fresco come l'aria: vedi il Monte Titano, lo vedi - da lontano -  come se stessi percorrendo una strada della  Romagna.

Già m'accoglieva in quelle ore bruciate

sotto l'ombrello di trine una mimosa

che fioria la mia casa il dì d'estate

co' suoi pennacchi di color di rosa;


e s'abbracciava per lo sgretolato

muro un folto rovaio a un gelsomino;

guardava il tutto un pioppo alto e slanciato (...)

Lì, nei meriggi estivi, il poeta leggeva  L'Orlando Furioso o piuttosto una riduzione del poema, destinata ai bambini, i quali prediligono il simpatico Astolfo e il suo cavallo alato. Alcuni di noi, o di voi, che hanno potuto trascorrere in campagna le vacanze estive, magari con i nonni, ricorderanno di essersi talvolta rifugiati, dopo pranzo, in qualche angolo del cortile, dietro la legnaia, o anche nel fienile, in attesa di essere chiamati (con un fischio speciale)  dagli amici, per tanti bei giochi estivi, a cui da grandi si ripensa, inevitabilmente, con la stessa malinconia che ci prende guardando quei vecchi super-otto con cui le famiglie  immortalavano le gite e le feste. Nella nostra visione, i colori sono scialbati e lontani (è una pellicola ormai sbiadita...) ma vediamo la strada sterrata in mezzo ai prati, dove sfrecciavamo con la nostra Graziella, o con la Olmo, dono di Natale di tre o quattro anni prima, che era stata relegata in campagna, nella stalla vuota e in disuso. Così, si arrivava all'inizio dell'estate, e si ritrovava la bici un po' arrugginita, e più piccola dell'anno prima.                                                  Finché si era bambini, credo che quelle fossero le ore più belle per stare in compagnia ed evitare il riposino pomeridiano. In campagna, i bimbi non hanno mai voglia di dormire, ed è giusto così.                Pascoli rievoca bene quel momento così particolare, di attesa, quando tutto tace fuorché grilli e qualche rana:

...udia tra i fieni allor allor falciati

de' grilli il verso che perpetuo trema,

udiva dalle rane dei fossati

un lungo, interminabile poema(...)

Era quello il luogo del rimpianto. Pascoli sta parlando della casa di San Mauro, del suo nido. Che ne era stato, dopo che la famiglia dovette trasferirsi? Quale lo stato d'animo del poeta, ogni qualvolta la sua mente, la sua memoria ripercorreva quei tempi e quei luoghi? Parlo dell'infanzia, dei giochi, dei richiami tra bambini, delle mamme che chiamano i figli a cena. Oltre ai libri, il piccolo Pascoli amava la campagna, i giochi, adorava stare con i coetanei. La sua infanzia è il paradiso perduto; e, se è tale, la sua infanzia deve essere stata bella.

I luoghi dell'infanzia sono anche i luoghi destinati al distacco:

Ma da quel nido, rondini tardive,

tutti tutti migrammo un giorno nero(...)

Così più non verrò per la calura,

tra que' tuoi polverosi biancospini (...)

Il poeta non fa mistero della nostalgia immensa per i luoghi della sua infanzia: luoghi che sono persone, le persone a lui strappate, e il distacco doloroso da San Mauro di Romagna. Solo con la ricostruzione del "nido", con la casina  a Castelvecchio, il Nostro è riuscito a compiere quel miracolo che consiste  nella ricostruzione, pezzo dopo pezzo, dell'infanzia, che non significa solo ritrovare luoghi e recuperare oggetti, ma anche far rivivere persone, tornare a sentire le loro parole, comunicare con loro. 

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