Una bella poesia di Pascoli ci ricorda che, secondo un'antica tradizione contadina, la notte tra i Santi e i Morti si doveva sgomberare il tavolo da tutto, perché la presenza stessa della tovaglia era un invito, un richiamo, per i morti, ad accedere alla casa in cui vissero. E i vivi temevano atrocemente l'arrivo dei morti, e si sbrigavano a rendere la tavola un po' meno invitante per gli indesiderati ospiti. Eppure, ci avverte il poeta, è una paura ingiusta, persino offensiva, chiudere l'uscio in faccia ai "buoni...poveri morti". La poesia si intitola La tovaglia e ci presenta le evanescenti e un po' tristi creature, come parte irrinunciabile della famiglia. È chiaro che il poeta si riflette nella fanciulla affettuosamente sollecita verso i defunti; del resto, la famiglia di Pascoli è oltre le "invisibili porte", e pertanto, la vita dei suoi amati familiari defunti è la sua vera vita. Il loro mondo misterioso, sotterraneo, lo attrae, come lo richiama il ventre che lo ha custodito: è la terra in cui giace la madre, la madre fatta terra che ancora lo invoca a sé, con i suoi "canti di culla", irresistibili, per il poeta, come canti di sirene.
Libere conversazioni con i nostri poeti e scrittori, considerazioni a margine di parole e immagini, ed avventure letterarie inedite
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