mercoledì 27 settembre 2023

A SAFFO, parte 2^

 Dobbiamo ringraziare la bella Saffo-capelli di viola (epiteto omerico? no, e' alcaico), in particolare noi donne, ragazze, attente ai nostri diritti, che curiamo costantemente affinché non siano calpestati (come i giacinti, si diceva) dagli uomini. 

Saffo e il suo tiaso: raffinato, di nicchia, diremmo oggi, destinato a poche fanciulle elette, di famiglia aristocratica. Non mi stupirebbe: non pretendiamo una democrazia ante-litteram!

Immagino, ovviamente sulla base di quei frammenti che  a noi rimangono, fanciulle belle (sui 14 anni o poco più) alle quali Saffo dava lezioni di danza, cultura, eleganza, utile al momento opportuno. Prima di chiudersi nel gineceo, queste giovani potevano essere istruite da un'autentica insegnante di belle maniere, magistra elegantiarum. Saffo conoscente e colta, poteva ben offrire un modello di comportamento. Ma chi avrà avuto accesso al suo tiaso? Quali famiglie le avranno, con giusta fiducia, affidato le loro korai? Certamente, a loro volta, famiglie dell'aristocrazia, famiglie illuminate.

E un'emozione mi prende ogni volta che parlo di lei...

Difficile sentirsi degn* di commentare, ricordare episodi della vita di Saffo, ineguagliabile per il suo coraggio, in una società in cui la casa era suddivisa nella parte riservata agli uomini, e situata al pian terreno per meglio controllare movimenti e azioni, entrate ed uscite di ospiti, etc., e nel gineceo già citato, ove le donne della casa rimanevano rinchiuse. Questa piccola repubblica delle donne, dove Saffo era umile regina, spesso disposta ad una sorta di proskynesis di fronte all'avvenenza, è davvero un unicum, nell'antica Grecia. I contemporanei, e soprattutto coloro che vennero dopo, non le perdonarono il successo, e il desiderio (appagante e appagato) di libertà. Pensiamo solo agli alessandrini, come si diceva, che idearono il mito (falso) di Saffo brutta e umiliata, rifiutata dal bel Faone. Il colto e giovane Leopardi utilizza questo mito raro, peregrino (come ci attendiamo dagli alessandrini) a proprio uso: la natura matrigna e malvagia condanna l'umanità a desideri che non hanno mai fine, e che in alcuni casi, poiché sono del tutto irrealizzabili, portano al suicidio: l'amore appassionato di una creatura brutta, indesiderabile, verso un'altra creatura, bella e amabile; ne consegue un rifiuto umiliante, mentre il desiderio non si spegne (parliamo, infatti, di giovani). Ma passiamo oltre, con un occhio di riguardo per Leopardi, che perdoniamo.

Saffo appassionata, e forse riamata, osserva con malinconia la luna, le stelle, e dorme sola. Appassionata e scossa violentemente da Eros come da un vento implacabile, osservava una fanciulla innamorata di un ragazzo. Come tutti sappiamo, ella è gelosa e, di fronte al sorriso che la giovane rivolge al ragazzo cui è promessa, avverte la sintomatologia dell'amore in tutti gli effetti più evidenti(che brutta parola sintomatologia! Ma come altrimenti definirla?) . Arrossisce, impallidisce, percepisce la propria traspirazione, si sgomenta. Invidia la persona alla quale la giovane amata riserva la propria attenzione, il proprio sorriso. Non riesce a pronunciare parola: è emozionata, bloccata da un sentimento che non può esprimere. Saffo è gelosa del ragazzo a cui la giovane da lei amata riserva le proprie attenzioni. Il buon Caio Valerio Catullo, circa cinquecento anni dopo, si immedesimerà nelle emozioni della colta e appassionata Saffo, catturato dalle stesse emozioni, ma nei confronti di una donna. Non fraintendiamo: Catullo, la cui sessualità era forse ambigua, rivolgeva le proprie attenzioni tanto alle donne quanto ai giovani schiavi, ad esempio (era di famiglia ricca). Lo spirito saffico non perdona, ed egli chiamò con il soprannome di Lesbia la sua amata (Clodia, sfrenata nelle passioni). E' talmente evidente l'ammirazione nei confronti di Saffo la bella, coronata di viole, da utilizzare l'aggettivo derivato dal toponimo Lesbo per questa donna disprezzata, accusata delle peggiore infamie dal maschilista Cicerone. Del cui giudizio o pregiudizio morale, al nostro Catullo, nulla importava.

Arrivo, ora, a quanto volevo pervenire, con questo mio scritto. E' brutto l'aggettivo lesbica. Non è eufonico, per nulla, in lingua italiana. Accettabile in francese, in quanto suona più dolce, vi confermo: la lingua italiana dovrebbe mutare l'aggettivo in saffica. Percepite come suona questa parola? Più dolce e bello, quasi un sospiro. Il sospiro di Saffo, completamente donna, e indipendente dall'opinione altrui, a tal punto da scegliere da sé, di fronte alla poco gentile ipocrisia dei maschi, un destino difficile, ma vincente, anzi vittorioso, per oltre duemilacinquecento anni.

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