sabato 2 settembre 2023

Vertigo 2 Zola

 Vertigo 2

La grandezza spiazzante e straniante per il lettore è presente in tutti i romanzi di Zola; vi è un momento, o più momenti, che creano uno stato d'ansia, forse positivo, energizzante e catartico, dove sembrano scomparire i confini della forza, della grandezza che diviene minacciosa: come nel caso della Bestia umana, con la celebre umanizzazione della locomotiva a vapore, per la quale il protagonista manifesta un particolare attaccamento, quasi una relazione amorosa, con questa "compagna" di ferro, enorme e sbuffante, spietata, ma non per lui, che la controlla, accudisce e cura, ma riesce pure a domarla, a soggiogarla e sottometterla, con una forza talvolta brutale. L'equilibrio (precario) che si crea tra questa temibile creatura del progresso e l'uomo riflette le perplessità dell'autore nei confronti della tecnologia che, allora, suscitava grande entusiasmo. Ma la locomotiva si muta, poi, in un mostro indomabile e omicida, nel momento in cui un'eclisse improvvisa della razionalità e del controllo umano la abbandona alla sua pura forza.

Ma, inaspettatamente, anche nell' Opera  incontriamo la rappresentazione della grandezza senza confini, che procura al lettore un senso di vertigine, invincibile e progressivo. Il protagonista, il pittore Claude Lantier,  rimane prigioniero del suo dipinto dalle dimensioni immani, smisurate, dove l'enorme  donna  in primo piano lo cattura, lo divora. La tela inquietante e mai finita che divorerà il tempo, la vita, la famiglia e lo stesso pittore-amante, che fatalmente  verrà distrutto. Altro punto in cui troviamo un climax di grandezza, nel quale il lettore si smarrisce, è l'esposizione ufficiale dei quadri di artisti emergenti, o che cercano di emergere. Una corsa disperata affinché il pubblico si accorga di loro, una corsa contro il tempo, contro la brutalità dei giudici che rifiuteranno i lavori, annientando ogni  speranza possibile. Migliaia di quadri passati in rassegna da una giuria per lo più improvvisata e prevenuta, sempre più annoiata passo dopo passo, quadro dopo quadro, lungo i corridoi e le sale dell'Accademia; spazi coperti senza soluzione di continuità da dipinti belli oppure orribili, dal pavimento al soffitto (in alto, in alto, dove li avvolge l'oblio, o l'umiliazione,  dell'invisibilità). Infine, l'immensità nella disperazione: tradurre la sofferenza, la visione della morte di un bimbo consunto dalla fame e dall'indifferenza, distrutto e sacrificato al quadro, o alla donna che giganteggia nel quadro, che esige la priorità su tutto e tutti. Rappresentare il proprio bambino morto, con tratti terribili, la trasformazione del corpo a poche ore dalla morte. Osare tanto, da esporre quella tela, e il proprio figlio, al ludibrio o allo sdegno del pubblico. La devastazione di Claude come uomo, marito e padre, è totale. Gli resta la donna del quadro, la terribile gigantessa, che gli suggerirà l'unica via da intraprendere.

Nessun commento:

Posta un commento

Una bella classetta (racconto)

  Una bella classetta tutta di femmine Dai tempi dell'asilo sino al termine della scuola media, Agata dovette frequentare una scuola di...