giovedì 31 agosto 2023

Vertigo (prospettive titaniche nei romanzi di E.Zola)

 Vertigo (Prospettive titaniche nei romanzi di E.Zola)

Uno dei caratteri peculiari e ricorrenti, in quasi tutti i romanzi di Zola, sono ampie scene che tendono ad una dilatazione estrema della prospettiva, ad un rafforzamento verso dimensioni di una tale grandezza da creare, nel lettore, un senso di smarrimento, una vertigine che nasce dal sentirsi avvolto da un turbine, da una spirale che pare infinita e che mira a raggiungere estensioni o profondità o confini veramente inattesi e travolgenti. Questa grandiosità riguarda spesso contesti quotidiani, persino umili: e ciò desta stupore. Voglio citare qui la famosissima scena della lavanderia, che si svolge quasi all'inizio dell' Assommoir, dove il macchinario a vapore utilizzato per riscaldare l'acqua (ogni secchio di acqua calda aveva un costo, come il sapone, l'acqua clorata, etc.) è una presenza gigantesca, ribollente, minacciosa, incombente accanto alle donne intente a lavare i panni. Qui, come altrove, la grandezza va di pari passo con l'ammirazione dell'autore verso modernità di certe soluzioni, molto parigine e molto pratiche, per rendere piu' agevole il bucato. E tuttavia, la fiducia nel futuro e nella tecnica non è immune da un sentimento contraddittorio, che deriva dall'apparente mancanza di confini e dai pericoli insiti nel progresso: le invenzioni, le macchine, le innovazioni prendono il sopravvento sugli uomini, diventano incontrollabili, sembrano dotate di vita propria.

Immensa è la prospettiva del grande magazzino denominato il Paradiso delle signore, che va estendendosi in modo tale da strozzare il piccolo commercio anche attraverso l'ampliamento fisico dell'edificio: per offrire nuovi spazi sempre più ampi ai magazzini, vengono sacrificate le piccole case adiacenti, dove vi sono ancora le antiche botteghe tradizionali, ormai schiacciate, soffocate dalle moderne pareti in vetro e metallo del nuovo edificio. Quest'ultimo, che ingloba e fagocita tutto ciò che trova sul proprio cammino, riflette l'ambizione sfrenata, e anche la presunzione di Octave Mouret, il proprietario, giovane e con pochi scrupoli, sempre intento a progetti e innovazioni che gli garantiscano di accrescere rapidamente ed enormemente le entrate, dimostrando a tutti e a se stesso il proprio successo. Il grande magazzino Il Paradiso delle signore è una struttura fantascientifica per l'epoca; non tanto per i nuovi materiali che sostituiscono la pietra e i mattoni, ma anche per l'impressionante estensione e per l'insolita altezza. L'edificio diventa pertanto una sorta di mostro divoratore - come si diceva- di tutto ciò che lo circonda (case e terreni) in perfetta coerenza con la ciclopica e incontenibile speculazione edilizia di quegli anni (post 1870). I "grandi magazzini" erano già una realtà consolidata e frequentatissima dai parigini (Bon marche', Louvre, etc.) ma nel Paradiso troviamo molte sorprese, che stupiscono anche oggi: all'interno, il labirintico edificio racchiude una serie innumerevole di scale, ascensori (già!), stretti passaggi tra incombenti montagne di merci, magazzini sotterranei sterminati, strati e strati di tessuti sino a formare paurose colonne forse non troppo stabili, nonché lunghi ponti d'acciaio per collegare le diverse sezioni e per ammirare, dall'alto, quella sorta di panorama alienante, affollatissimo, ma anche affascinante, dove la gente brulica spintonandosi, entra "solo per dare un'occhiata", ma esce con una grande quantità di acquisti dettati dall'istinto o, secondo l'illusorio punto di vista di molte donne, dal sano intento di risparmiare. Memorabile la presenza di Mouret che osserva dall'alto di un ponte metallico, che collega due enormi reparti, il via vai delle donne: da una prospettiva di potenza, una figura titanica e dominate su tutto e tutti.

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