martedì 4 ottobre 2022

La cameretta

 

L’adolescente e la sua cameretta


Quasi tutti gli adulti, genitori, insegnanti, psicologi, educatori, etc., sono oggi in allarme crescente per l’utilizzo dei dispositivi elettronici e il rischio di dipendenza che essi comportano, rischio ormai segnalato come dato di fatto. Data la vastità dell’argomento e, soprattutto, la varietà dei possibili dispositivi in uso, mi limito all’argomento “smartphone”.

Vorrei spezzare una lancia in favore, anche se con riserva, di tale utilizzo.

Il cellulare è la “cameretta” dell’adolescente di oggi, il suo spazio privato, una sorta di rifugio, come fosse un luogo in cui isolarsi, chiudendo a chiave una porta virtuale per evitare interferenze da parte degli adulti.

Chiudersi a chiave è proprio di chi non vuole essere disturbato, ma anche di chi vuole agire senza le evidenti difficoltà che comporta la presenza e la vigilanza dell’adulto, anche per quanto riguarda la possibilità di esprimere liberi le proprie emozioni e le proprie paure, oltre a sentimenti ed altro.

Noi, genitori e insegnanti di oggi, avevamo le nostre fotografie che tenevamo in parte nascoste in qualche libro, tra la sovraccoperta e la copertina, avevamo un diario segreto, che talvolta lasciavamo leggere a qualche amica o amico in cui riponevamo la nostra fiducia. Custodivamo questo diario (che poteva avere un lucchetto, apribile con qualsiasi forcina da capelli) in fondo a un cassetto, sotto le magliette e i blue-jeans. Avevamo un album dei ricordi, con disegni e dediche. Avevamo, soprattutto, lettere e cartoline, anche queste – se era il caso – nascoste. Lettere che potevano custodire un fiore essiccato, molto romantico. Avevamo ricordi che ci piaceva conservare, quali biglietti dell’autobus o del treno, tovagliolini di carta con su scritto “ti amo” o “alla mia migliore amica” (vale tutt’ora la frase “siamo migliori amiche) e qualche disegno, qualche adesivo che allora si usava collezionare. Avevamo anche libri la cui lettura sembrava, allora, riprovevole.

Quando un genitore entrava di soppiatto, in nostra assenza, nella nostra cameretta, alla ricerca del diario, fedele custode dei nostri segreti, quando questo spazio privato veniva violato, così come le nostre pagine dove i nostri pensieri scorrevano liberi giorno per giorno, ci sentivamo morire, ci arrabbiavamo, ritenendo che non avremmo più potuto avere nulla di nostro che non venisse scoperto e giudicato.

Come ci saremmo sentite, che cosa avremmo scritto e soprattutto come avremmo descritto il nostro privato, se qualcuno ci avesse osservato dall’alto della sua autorità? Oppure, se avessimo saputo che le nostre pagine sarebbero state visionate dai genitori?

Sto pensando alla spontaneità, al senso di libertà che percepivamo scrivendo i nostri pensieri, le nostre esperienze e la vita quotidiana. Se avessimo avuto la consapevolezza di una supervisione, avremmo scritto nel modo più innocuo e ci saremmo posti molti limiti; avremmo forse scritto secondo quella che ritenevamo la nostra immagine più rassicurante, quella che gli adulti si aspettavano da noi.

Guardavamo i nostri film e telefilm, seguivamo quei pochi canali che trasmettevano I primi videoclip, ascoltavamo la nostra musica di solito poco tollerata,dagli adulti, proprio come accade anche oggi (quanti di noi apprezzano rap e trap?).

Oggi, gli smartphone hanno acquisito questo ruolo, per i nostri alunni, per i nostri adolescenti. C’è W.A. (chi ha detto che lo usano meno di prima?) ci sono i loro virtuali album di foto, c’è instagram che solo i followers possono seguire, mentre FB non va più di moda: sono gli adolescenti stessi a sostenere che ormai lo utilizzano solo i cosiddetti boomer ; in realtà, qualche ragazza/ragazzo lo usa ancora.

Inoltre, attraverso il cellulare guardano film e video, ed ascoltano musica.


Non dobbiamo poi dimenticare che, durante l’emergenza covid 19, numerosissimi studenti si sono avvalsi del cellulare per collegarsi alla DAD, per svolgere i compiti e per studiare; spesso ciò era dovuto al fatto che la famiglia non era in possesso di un pc o di un tablet; talvolta lo strumento era messo in comune tra più componenti della famiglia. Senza contare che il cellulare era divenuto l’unico mezzo attraverso il quale mettersi in contatto con gli amici e con le persone che non appartenevano al ristretto nucleo familiare: altrimenti l’isolamento sarebbe stato totale.

Anche l’utilizzo dei “moduli” da parte di numerosi insegnanti – ma non tutti, ovviamenteche si protrasse ben oltre il Covid e continua tutt’ora, con le lezioni in presenza, hanno in qualche modo “abituato” gli studenti ad usare i cellulari in classe, a scopo didattico.

Sono alcuni motivi che si sommano ad altri, e che rendono difficoltoso, talvolta, staccare i ragazzi dai loro smartphone.



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